Le interviste
         

Eugenio Bianchi, un dormiglione che si sveglia in salita

Eugenio Bianchi (nella foto) è sicuramente la più bella promessa dello skiroll italiano. A 17 anni nell’agosto 2002, in Val d’Aosta, ha vinto il campionato mondiale di pattuglia in salita con una squadra tutta di Sormano. Con lui correvano Simone Paredi che ha confermato le sue qualità anche dopo il passaggio a senior, e Simone Butti. Tutti ragazzi cresciuti in questo paese del Triangolo Lariano dove lo sci di fondo, quando la neve non era un "optional" come purtroppo capita adesso, vantava una solida tradizione. Una pista agonistica alla Colma, dove arriva il "Muro" che in tempi eroici del ciclismo costituiva la massima asperità del Giro di Lombardia e dove è stato ricavato un anello agonistico, mentre quello più "turistico" si trova nel sottostante Pian del Tivano. In assenza di neve, qui i fondisti dello sci club che andava per la maggiore nel territorio non solo a livello della provincia di Como, si sono indirizzati verso lo skiroll che, da attrezzo di allenamento, si è trasformato in strumento di gara e scendono in campo con i colori del Brianza Skiroll Club.
Una squadra agguerrita di cui Eugenio è diventato l’elemento di punta. Per i successi già conseguiti, per la giovane età che, accomunata alla voglia di far bene, costituisce la miglior premessa per un futuro da protagonista anche dopo il passaggio fra i seniores. Ci arriverà fra un anno e scoprirà che la musica è ben diversa di quella che suona adesso fra i coetanei, ma ha già cominciato a premunirsi. Già adesso lo rispettano. E' una spanna sopra i pari categoria. Di classe, non di statura perché è un piccoletto che a questo limite supplisce con una grinta e una carica agonistica fuori dal comune. Una potenzialità ancor tutta da esprimere, risultati garantiti se riuscirà ad ovviare ad alcune carenze di ordine tecnico e di approccio alle gare in piano ma, ancor più, nello sprint. Sotto questo aspetto fa tranquillamente il paio con Erika Bettineschi che, anche per il fatto di essere la sua ragazza e maestra di sci, cerca di correggergli questi difetti che si evidenziano pure nel fondo quando si tratta di passare dallo skating alla tecnica classica.
Frequenta il quarto anno dell’istituto tecnico per geometri al "Romagnosi" di Erba, che da casa sua dista una quindicina di chilometri da percorrere con un servizio pubblico che lascia piuttosto a desiderare quanto a funzionalità di orari. Con il tempo che diventa tiranno, problemi per allenarsi ce n’è più d’uno, dovuto in parte anche all’orografia del suo paese. Abbarbicato a mezza montagna, c’è solo salita o discesa; e lui infatti è in salita che può fare la differenza. Il più delle volte arriva nei 5 della classifica assoluta. Naturalmente è il primo degli juniores. In Italia ma anche all’estero.

Con strade del genere come fai allora a prepararti per il piano?
«O andiamo al Pian del Tivano, che dista una decina di chilometri da Sormano, oppure ci spostiamo sulla pista ciclabile di Costa Masnaga, che è dalla parte opposta, a quasi 20 km. Tutti trasferimenti che comportano una perdita di tempo. Comici ad allenarti che è già tardi e devi fare in fretta perché adesso viene buio presto».

Quante volte alla settimana ti alleni e che tipo di preparazione fai?
«Da tre a quattro durante la stagione agonistica dello skiroll; qualcosa meno d’inverno. Dopo tutto il carico che facciamo d’estate, in questo caso come lavoro di qualità bastano le gare di fondo. NG o regionali. Lo sci club Sormano è in grado di mettere in pista una bella staffetta con Mauro Sormani al lancio, io in seconda frazione, e Simone Paredi nella terza frazione che è a skating. Ai regionali di Spiazzi, in  provincia di Bergamo,  per batterci i Camosci di Ranaldi e Barzaghi   hanno dovuto sputare l’anima. Abbiamo perso 50 secondi in avvio, sono riuscito a mantenere lo stesso distacco e poi Paredi gli è quasi arrivato addosso. Sarebbe andata sicuramente meglio se io non avessi dei limiti in tecnica classica. Me la cavo in salita perché, se la sciolina è indovinata, si tratta solo di spingere e di tirare il passo, e io ho un buon motore. Dovrò specializzarmi; Erika ha promesso di aiutarmi».

Con il pattinaggio questi problemi non li hai di sicuro…
«Sicuramente no. La tecnica che applico nello skiroll è ottima e produttiva anche per il fondo. Anche per questo mi piacerebbe cimentarmi in qualche maratona sulla neve. Ci ho provato una sola volta, all’Engadin Skimarathon due anni fa, ma non ho neppure potuto valutare le mie effettive possibilità perché con il mio numero di pettorale partivo quasi a fondo gruppo. Più di 12 mila concorrenti. Devi restare in mezzo e non ti puoi muovere. Solo adattarti all’andatura di chi ti precede. Quando ho cercato di infilarmi su un altro binario dove si era creato un vuoto mi hanno spaccato un bastoncino. Per metà gara sono rimasto chiuso nella massa, ho aspettato un sacco di tempo per riuscire a superare l’imbuto di Champfer e solo sulla salita di St. Moritz ho cominciato a guadagnare posizioni. Da Pontresina in avanti le file si sono diradate ed è andata meglio. Alla fine sono arrivato 900° o giù di lì.  Mi piacerebbe cimentarmi alla Sgambeda: meno gente e un percorso interessante che facilita i sorpassi».

Problemi di sorpasso mi pare che tu li abbia avuti anche recentemente anche nel Grand Prix Sportful….
«Di sorpasso ma più ancora di respirazione. Dovevo schierarmi con gli juniores, ma un giudice mi ha mandato dietro i master e le donne, una cinquantina di metri dopo la riga dei seniores. Per tutto il primo tratto in falsopiano impossibile guadagnare terreno. Non riuscivo neppure a muovermi, sembravano tutti assatanati. Ce l’ho fatta ad uscire dal gruppo dopo l’attacco della salita. Sul duro, girando un po’ al largo, mi sono portato su Mirco Collavo, l’ho passato ma quando ho cercato di allungare non mi veniva il fiato. Il pettorale che avevo stretto troppo mi impediva quasi di respirare. Un dolore fisico, una fatica boia. E’ solo per questo  che lo spagnolo Oliveros Jimenez mi ha battuto. E’ arrivato cotto, ma primo di categoria e davanti a me. Senza l’impiccio del pettorale lo avrei sicuramente battuto, come nella Sondrio-Valmalenco. Ho comunque avuto la soddisfazione di precedere Alessandro Follador, che fa parte della nazionale juniores di fondo» (Nella foto a lato: Eugenio Bianchi si appresta a tagliare il traguardo del 25° Trofeo Sportful.

E in Coppa del Mondo come ti sei trovato?
«In salita bene, tanto è vero che nell’unica prova che presentava un percorso in salita, quella in Polonia, ho vinto con una certa facilità nella mia categoria e mi sono piazzato al quarto posto in quella assoluta. Nelle altre gare c’erano solo percorsi misti dove me la cavo, ma non ho totalizzato punti negli sprint, che sono quelli che hanno facilitato il successo finale dell’olandese Cool Erbert, tanto che complessivamente ha assommato 6 punti; sul piano va meno di me, ma è forte negli sprint. Quando non vince è a ridosso dei primi e così ha accumulato un vantaggio incolmabile, mentre il mio miglior risultato è stato un 13° posto. Alla fine sono arrivato quarto». (Nella foto a lato: Eugenio Bianchi durante il prologo in tecnica classica degli europei di Jablonec 2003).

Ma non puoi proprio cercare di migliorare nello sprint?
«Forse, ma non mi sento portato. Questione di mentalità e anche di disponibilità di un  terreno adeguato che a Sormano non c’è. Bisognerebbe allenarsi specificamente come fanno in genere tutti gli stranieri e gli olandesi in particolare. Io invece preferisco la salita e nella tappa di Sestola, nella Coppa 2004, si correrà proprio in salita. Almeno un successo parziale è alla mia portata. Se non salta fuori qualcuno nuovo capace di battermi, mi troverò su una strada che conosco bene e mi piace».

Cosa pensi di poter fare nei prossimi Mondiali in Germania?
«Percorso misto, quindi posso cercare solo di difendermi bene e di approfittare di ogni opportunità che mi si potesse presentare. Di certo, con Massimiliano Gioia e Alexander Tretriach, possiamo mettere insieme una bella pattuglia».


Nel 2° trofeo Comune di Sovramonte, il diciasettenne Eugenio Bianchi si aggiudica la vittoria assoluta

Sport alternativi in preparazione dello skiroll?
«Bicicletta, MTB e da corsa, podismo. Un tempo facevo atletica con la S. Maurizio di Erba, ma ho smesso perché non avevo il tempo di allenarmi. Così mi sono avvicinato allo skiroll e al fondo perché lo sci club Sormano aveva la squadra. Con la bici da ragazzino ho fatto qualche gara amatoriale, ma è finita lì. L’ho ripresa su consiglio di Michele Rainer; vado bene in salita, di potenza, quando c’è da spingere rapporti duri. E naturalmente mi esprimo bene anche in  corsa, specialmente in salita. L’anno scorso, con Simone Butti, ho vinto una gara podistica a coppie qui in paese. Io ho fatto la prima frazione, quella in salita fino alla Colma, lui la discesa. Quest’anno, vista la solfa, gli organizzatori, che non sono di Sormano, hanno pensato bene di cambiare il percorso. Prima della salita hanno inserito un  chilometro e mezzo di discesa, che non mi piace. Non mi ci trovo proprio. Mi sono imballato, ho quindi perso tempo che non sono riuscito a recuperare  sul Muro. Così siamo arrivati solo quarti. Ci sarebbe anche da dire che noi siamo juniores e quelli che ci hanno preceduto seniores di ottima levatura e con ben altra esperienza».

Cosa mi puoi dire dell’Eugenio Bianchi al di fuori delle corse?
«Un ragazzo come tanti della mia età, con la voglia di scoprire la vita. Non provo nessun interesse per le discoteche anche se mi piace la musica. Un po’ di tutto, ma metal di preferenza.  Al di fuori della scuola e degli allenamenti, se ho un po’ di tempo mi diletto con le arti marziali. Mi insegna un amico. Mi sono fatto una piccola palestra in casa; mi manca solo l’ercolina. Non ho certo problemi di braccia ma, quando voglio fare esercizi per la forza, uso quella di un amico. Mi piace dormire, confesso di essere un pigrone. Non ricorro a integratori, mangio di tutto, cibi genuini, tipici delle nostre parti, e qualche volte eccedo. Non ingrasso, perché con tutto il movimento che faccio resto sempre sui 60 kg, ma qualche problema di digestione salta fuori. Così Erika si arrabbia e mi catechizza. Peccati veniali, comunque».

 

 Giorgio Brusadelli         
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