Come il ciclismo, anche il fondo sta diventando una questione di gioco di squadra. Sul piano individuale ormai ci si confronta solo nelle gare con partenze a cronometro, dove ognuno, oltre che contro gli avversari, corre anche contro se stesso. Non c’è altra strategia se non quella di dare tutto ciò che si ha dentro, senza superare il proprio limite, altrimenti si resti secchi per pista. Ai fini del risultato contano la regolarità di marcia, la testa, la possibilità di regolarti sui tempi degli avversari che dipende  dal numero di pettorale. Del tutto diverso nelle gare con partenza in linea, quelle che vengono indicate nei programmi come mass start, ma anche nello skiathlon. Cambia la situazione, poiché si corre sull’uomo, si può sfruttare la scia di chi precede facendo quindi minor fatica, e quindi è importante la tattica. Che da individuale diventa di squadra e che si rivela addirittura determinante in funzione della tecnica e delle caratteristiche individuali.

Partiamo dalla tecnica, classica e libera, e dalle possibilità di operare selezione con l’una e con l’altra. Che è possibile con il passo alternato, il passo spinta e la spinta di braccia, ma diventa più problematica con il pattinato. Sui binari, quando ti stacchi, puoi rientrare  solo in discesa o se chi ha preso vantaggio rallenta l’andatura. Nello skating, come nel ciclismo, si sfrutta invece la scia: chi sta dietro fa minor fatica e risparmia energie. Quel tanto che può fare la differenza nei cambiamenti di ritmo o in volata. La corsa a questo punto diventa tattica: lo si è visto nello skiathlon di Kuusamo dove i 5 tedeschi presenti fra i battistrada hanno fatto il bello e brutto tempo reagendo compatti all’allungo di Soedergren che ha operato la selezione definitiva, e ancora di più nella 30 km di Dobbiaco nella quale la selezione non è stata possibile e la corsa si è decisa nella volata fra gli 8 rimasti in testa dopo l’ultima salita. Uno sprint di potenza, e ha vintoi Fredriksson. Con pieno merito perché, con Botvinov, è stato quello che ha dettato più frequentemente il ritmo e operato trenate significative. Sperava di poter contare sull’appoggio di un compagno di squadra, ma si è trovato solo perché Soedergren si era inopinatamente staccato. Al momento di servirsene  non c'era più.

 Considerando che la situazione era analoga per tutti, non ha avuto problemi a spuntarla. Era il più forte e ha vinto. All’ultimo giro, dopo 25 km di gara, la squadra più rappresentata era quella italiana: fra i 16 corridori in testa ne contava ben 5: Piller, Valbusa, Santus, De Zolt e Di Centa. Nessuno di loro è un velocista: in un eventuale arrivo in volata finiscono dietro. Dei nostri due velocisti in gara, Zorzi  aveva retto il passo per 20 km , Schwienbacher si era staccato prima. La sola possibilità di dare un’impronta alla corsa, e di evitare il volatone era dunque quella di creare una spaccatura che portasse all’arrivo un gruppetto di tre o quattro con dentro almeno un azzurro che potesse giocarsela allo sprint, ma questo non è avvenuto. Per sfortuna, ma anche perché è mancato un sempre possibile  gioco di squadra.

 Roberto De Zolt, che con il pettorale 77 partiva nell’ultima fila, è stato autore di un inseguimento entusiasmante che lo ha portato nel gruppo di testa ma lo ha pagato alla distanza quando il ritmo è aumentato. E’ rientrato per trovarsi tagliato fuori da una caduta dopo la quale non ne aveva più per tentare un  altro recupero. E’ caduto anche Di Centa e alla fine ha perso contatto pure Santus. In testa sono rimasti Piller e Valbusa. Entrambi fortissimi nelle gare a cronometro e in staffetta, hanno poche o nulle possibilità di vittoria in caso di arrivo in volata. E così è stato: Piller è arrivato 8° nel gruppo di 8 che aveva affrontato unito l’ultimo strappetto, Valbusa una posizione dietro, ma aveva già perso contatto prima. Era comunque scontato: abbiamo offerto una gran bella dimostrazione di forza complessiva della squadra, che è dimostrata la più compatta del lotto,  ma all’atto pratico non siamo stati in gradi di ottenere nulla di concreto. Conta il podio, non  i piazzamenti successivi che danno sì punti importanti ai fini della classifica generale ma lasciano l’amaro in bocca e servono solo per creare polemiche da parte di qualche sprovveduto che tiene conto solo del risultato e non del quadro generale in cui questo risultato è maturato.

Se non  si può lavorare per il velocista, che in questo momento manca, l’unica possibilità di cambiare questo stato di cose è ricorrere al gioco di squadra più di quanto si sia fatto finora, e cioè praticamente mai. Far sì che qualcuno si sacrifichi per rendere dura la corsa e aprire in tal modo la strada a qualche compagno in grado poi di tentare la soluzione individuale in un gruppetto ristretto che si dovesse formare. Nel ciclismo questa è prassi, nel fondo invece non avviene, almeno nella nazionale italiana, anche se ad onor del vero c’è una certa reticenza anche nelle altre squadre. Per quanto si sia lavorato bene, per quanto siano cambiati anche certi rapporti interni, non è ancora stato possibile “far gruppo”. Non c’è più una certa aria da caserma che ha tagliato le gambe a più di un  giovane emergente, si sono smussati parecchi angoli, ma le individualità prevalgono ancora sullo spirito e gli interessi di squadra.

 Il motivo è semplice. Si è creata la gerarchia del gruppo rosso, cioè degli atleti che, per meriti e risultati propri, sono nei 30 della classifica FIS che beneficiano di un miglior ordine di partenza oltre che delle spese di trasferta e di alloggio a carico dell’organizzazione. A meno di problemi di salute o di forma, costoro hanno sempre il posto garantito. Nel gruppo A di Coppa del Mondo e nelle gare relative. In questo gruppo d’élite rientrano Di Centa, Piller, Zorzi e Valbusa. Gli altri il posto se lo devono conquistare punto su punto, gara dopo gara, ed è dura arrivare in cima alla lista. Prima di pensare agli altri, al gioco di squadra, devono pensare a se stessi. Ed è un tipo di egoismo certamente giustificato e giustificabile: il fondo, in fin dei conti, è prima di tutto uno sport individuale. Difficile rinunciare a favore di un altro compromettendo una propria benché minima possibilità di fare risultato.

Nel ciclismo, dove corrono più soldi che non nello sci di fondo, e dove si guarda quindi al concreto, all’interesse materiale, questo problema lo si è risolto con la suddivisione dei premi. I gregari si sacrificano, vince prevalentemente il capitano ma si fa cassa comune e si divide. Nella spartizione rientra anche il personale tecnico d’appoggio: meccanici e massaggiatori. Questo nel fondo non avviene. Non c’è un capitano predesignato, e ognuno si tiene suoi sponsor e il premio che è riuscito a conquistarsi con le sue forze. Divide solo il quartetto della staffetta perché è una gara di squadra.

Per cambiare una situazione che, in un passato non lontano, è costata a Stefania Belmondo la perdita di due Coppe del Mondo per i pochi punti che in  qualche arrivo le hanno sottratto proprio le compagne di nazionale, occorrerebbe dunque un’inversione di tendenza. Ricostruendo magari uno spirito di squadra partendo dall’aspetto economico. Una specie di comunione dei beni, in modo che chi è messo in grado di guadagnare di più contribuisca ad un fondo comune da dividere fra chi ha faticato e si è sacrificato per agevolare il suo risultato. Un’idea del genere per la verità è già stata prospettata, ma non si è mai affrontato un discorso preciso. Sarebbe bene cominciare a meditarci sopra. Nell’interesse dei singoli ma più in generale di tutta la squadra. E con essa del fondo italiano che non  riesce ancora a concretizzare le potenzialità di cui dispone, che non sono poche né inferiori a quelle che esprimono altre nazioni. I tedeschi prima di tutto che, con Behle, sono riusciti a costruire uno squadrone partendo quasi dal niente. Dei  tedeschi sarebbe opportuno studiare, prima di tutto, organizzazione, programmazione e strategie. Capire come mai uno vinca o arrivi sul podio e la corsa successiva finisca nelle retrovie mentre sul podio ci arriva un suo compagno. Se questo avviene per apporti esterni o se per precisa strategia. Poi potremo riparlarne.

Intanto vediamo come va la prova di Coppa a Davos in condizione di neve tanto precarie che hanno costretto l’organizzazione a portarla giù dal Fluela per preparare un anello di soli 3 chilometri sul quale non si sa ancora che formula verrà adottata. Si gareggia a tecnica classica e con tutta probabilità la partenza individuale a cronometro verrà sostituita dalla partenza in linea. Una scelta che sicuramente penalizza la nostra squadra. Meno quelli del gruppo rosso, sicuramente Checchi e Carrara che vanno forte a passo alternato ma partono da dietro e su una pista così stretta avranno grossi problemi di sorpasso e guadagnare punti preziosi. Si parla addirittura di effettuare la staffetta con tutte le frazioni a tecnica classica, e a questa idea si oppongono in tanti, a cominciare dal CT Albarello. Eppure sarebbe una soluzione che non ci penalizza più come un tempo: affiancando Checchi e Carrara a Di Centa e Valbusa, che sono gli abituali frazionisti del classico, ne uscirebbe una squadra niente male. In grado di battersi per il podio anche contro i grandi specialisti del Nord ma, quel che più conta, da valutare in proiezione dei Mondiali e delle Olimpiadi. In fin dei conti questa è pur sempre da considerare una stagione di transizione e di esperimenti….

Assente Scvhwienbacher, che si allena sulle nevi di casa per la prossima trasferta di Ramsau, saranno in gara, oltre ai 4 del gruppo rosso, Santus, Saracco, Carrara e Checchi. Per la staffetta si vedrà; non è escluso che qualcuno si trasferisca a Livigno per la Sgambeda. Martedì, al Passo Lavazé, la sprint TC che si sarebbe dovuta disputare ad Asiago. Con l’intero gruppo sprint Torino 2006 di Maranetto saranno al via Zorzi, Di Centa, Schwienbacher e Piller che vuole provarci, oltre ai granfondisti Zanetel e Cattaneo che se la cavano bene anche su questa distanza. Non mancheranno, come a Dobbiaco, atleti dei gruppi militari come Molin Pradel, Mariotti, Benetti e altri fino a completare il contingente di 23 concorrenti, massimo consentito trattandosi di nazione organizzatrice. 

L'attuale situazione in Coppa del Mondo:

Classifica maschile:

1 FREDRIKSSON Mathias SWE 216 2 SOMMERFELDT Rene GER 213 3 TEICHMANN Axel GER 200 4 PILLER COTTRER Pietro ITA 172 5 SOEDERGREN Anders SWE 169 6 ANGERER Tobias GER 142 7 AUKLAND Anders NOR 126 8 SVARTEDAL Jens Arne NOR 115 9 HOFSTAD Tore Ruud NOR 105 10 VITTOZ Vincent FRA 101 11 LARSSON Peter SWE 100 12 VALBUSA Fulvio ITA 97 13 SKJELDAL Kristen NOR 90 14 FREDRIKSSON Thobias SWE 83 15 KOUKAL Martin CZE 80 16 DI CENTA Giorgio ITA 74 17 FILBRICH Jens GER 71 18 CHECCHI Valerio ITA 71 19 VEERPALU Andrus EST 66 20 SANTUS Fabio ITA 62 39 PASINI Renato 26  42 ZORZI Cristian  22 49 CARRARA Bruno  16  51 DE ZOLT PONTE Roberto  15 52 DEBERTOLIS Bruno  14 53 58 ZANETEL Gianantonio  12 59 SCHWIENBACHER Freddy  10 62 SARACCO Cristian 10 71 KOSTNER Florian  5

Classifica femminile

1 SMIGUN Kristina EST 360  2 SHEVCHENKO Valentina UKR 300  3 PARUZZI Gabriella ITA 285
 4 KUENZEL Claudia GER 236  5 SAVIALOVA Olga RUS 222  6 SIDKO Alena RUS 172  7 PEDERSEN Hilde G. NOR 157  8 KUITUNEN Virpi FIN 157  9 SKOFTERUD Vibeke W NOR 154  10 SACHENBACHER Evi GER 149  11 BJOERGEN Marit NOR 149  12 VALBUSA Sabina ITA 93  13 HAHINA Evgenia RUS 60  14 YOKOYAMA Sumiko JPN 56  15 KELDER Christina ITA 54 16 DISL Uschi GER 50  7 MAJDIC Petra SLO 50  8 SAARINEN Aino Kaisa FIN 49  19 MUERER STEMLAND Kristin NOR 47  20 EK Elin SWE 47  26 FOLLIS Arianna ITA 31  29 CONFORTOLA Antonella 29 46 MORODER Karin ITA 11  48 TCHEPALOVA Julija RUS 9