Considerazioni sulla Marcialonga e l’atmosfera che l’accompagna

Ieri, subito dopo la gara seguita per comodità in TV, abbiamo fatto delle considerazioni che meritano un seguito, maturato attraverso colloqui con i protagonisti e leggendo, via Internet, quanto hanno pubblicato i quotidiani del Trentino e il sito Skitime, che costituisce sempre un preciso punto di riferimento considerando che è gestito da uno che il fondo lo pratica per mestiere e non è mai avventato nei suoi giudizi. Una premessa però è necessaria, visto che ieri non c’era tempo per parlarne, e riguarda la Rai che nella diretta della gara ha presentato delle ottime immagini ma che ha lasciato parecchio a desiderare in tutto il resto. Ha seguito, infatti, quel copione prestabilito che si ripete immutabile di anno in anno. Evidentemente non si chiedono suggerimenti agli addetti ai lavori, e manca anche un po’ di fantasia se ogni volta si sciupano, ai danni delle riprese della corsa, 15-20 minuti iniziali per le solite panoramiche, per le scontate interviste ai “camperisti”, e per considerazioni dei telecronisti e dell’ospite di turno che sono sicuramente opportune ma potrebbero essere fatte mandando in onda riprese dirette della corsa piuttosto che i mezzi busti. Fossero almeno belle ragazze l’effetto sarebbe diverso.
Spariti del tutto gli stacchi sui “bisonti” in attesa di iniziare la loro fatica o quando sono già entrati in azione per superare gli imbuti che si creano all’uscita della piana di partenza. Sono sempre scene spettacolari che vengono invece snobbate dal regista di turno (Anna Cristina Giustiniani questa volta), che privilegia le panoramiche che fanno sicuramente piacere agli enti turistici ma che ai telespettatori non interessano per niente. In più si è persa l’occasione di un confronto, che capita solo in casi eccezionali come questo, fra i campioni del circuito di Coppa del Mondo con gli specialisti di questo tipo di maratone. Un servizio che lo staff mobilitato per l'evento poteva preparare  tranquillamente alla vigilia e riproporre in apertura della trasmissione come presentazione dei protagonisti. E’ la loro faccia che interessa a chi non li conosce, non quella dei telecronisti….
La solita malriuscita mobilitazione di mezzi e di uomini, un costoso apparato per poca sostanza, visto che non si è approfittato dell’ora abbondante intercorsa fra la partenza della gara (8.35) e l’inizio del collegamento (9.40) e dei 40 minuti di intervallo dedicati allo slalom per effettuare riprese, da mandare in differita. E questo era possibile subito in apertura e nel secondo collegamento (11.10 circa), prima della diretta che ha seguito gli ultimi 15 km della corsa, “dimenticandone” almeno 40, in particolare il momento che ha deciso la gara fra Moena e Predazzo. Non bastano a salvare lo spettacolo le belle riprese del finale di gara: si poteva dunque far meglio e ottenere un miglior risultato con un po’ più di professionalità.

La seconda questione riguarda lo scarso peso di cui, all’interno della giuria, godono i nostri delegati. Quando c’è da farsi valere vengono messi in minoranza, come dimostra questo commento ripreso da Skitime e opera di Marco Selle. Riguarda una trasgressione di regole che andava penalizzata e che è stata invece ignorata come era già capitato in occasione della ko sprint di Coppa al Passo Lavazè.
Dopo essersi resa protagonista di un "entrata" al limite" nella sprint di passo Lavazè ai danni della nostra Gabriella Paruzzi, la possente svedese si è ripetuta contravvenendo a tutti i divieti che il regolamento FIS prevede per quanto riguarda la sciolinatura degli sci durante la gara.
Anche se in riunione di giuria era stata esplicitamente vietata ogni forma di aiuto esterno per la sciolinatura degli sci degli atleti elite, lo skiman della squadra svedese ha estratto dallo zaino una tavoletta sulla quale era applicato un rullo intriso di sciolina sul quale la Ek si è tranquillamente risciolinata gli sci all’imbocco della salita della Cascata. Mentre tutte le sue colleghe hanno invece rispettato il regolamento sciolinandosi da sole gli sci e perdendo così fino a 70-80 secondi, , la svedese ha trasgredito le regole senza che nessun giudice si trovasse in quel punto, malgrado fosse quello da controllare con maggior attenzione.
L'allenatore responsabile della squadra canadese e  tecnici italiani che erano vicini a lui hanno visto la scena e "sequestrato" il rudimentale rullo, presentandolo poi alla giuria. Questa, inspiegabilmente, ha sostenuto che la macchinazione svedese non contravveniva al regolamento in quanto la tavoletta era stata preparata dalla stessa atleta.... Peccato, visto che proprio la Ek ha tolto a Cristina Paluselli la possibilità di salire sul palco delle premiazioni davanti alla sua gente. La premiazione, infatti, prevede la chiamata di 6 atlete e la svedese si è classificata sesta proprio davanti a Cristina). Il fatto in sé potrebbe non sembrare così importante, ma crea un pericoloso precedente...
L’ennesima presa per i fondelli, aggiungiamo noi, alla quale sarebbe ora di dare un taglio.
Merita poi di essere riportato questo giudizio espresso da Cristian Zorzi, che non era in gara, pubblicato a sua firma da L’Adige.
Non so nemmeno io se essere più contento o più dispiaciuto per il secondo posto di Giorgio, anche perché stavolta era lui, moralmente, a meritare di vincere. Ha fatto bene, comunque, quando ha visto che non teneva più con le braccia, a fermarsi a sciolinare, anche perché così ha salvato un secondo posto che è comunque un piazzamento di prestigio. Peccato solo che c´era una neve un po’ mossa sulla quale i norvegesi sono nettamente più forti di noi, perché io sono convinto che se i binari fossero stati compatti Di Centa stavolta ce la faceva, anche perché in salita, e lo si era visto prima, lui era più forte dei due fratelli Auckland.
Cosa posso dire, invece, di Gabriella dopo una vittoria così? Solo banalità e cioè che ha fatto una gara bellissima perché stava benissimo e quindi era sicuramente più forte e più potente della Shevchenko, la sua più pericolosa avversaria che è più leggerina. E credo anche che Gabriella si riprenderà subito e che questo sforzo, che lei temeva tanto, non pregiudicherà le sue prossime prestazioni. Mi ha preso in contropiede lo scatto iniziale di Pozzi che è un grande pattinatore e non un alternista. Se avesse risparmiato quelle energie preziose, nel finale poteva giocarsi un piazzamento di prestigio. Comunque una bella gara, inserita in un contesto collaudato. Ma, siccome è noto che io ho sempre qualcosa da dire, vorrei segnalare due cose che non mi sono piaciute: la motoslitta che precedeva i concorrenti e non faceva altro che rovinare i binari, e una signora del pubblico, con due bastoncini in mano, che si è rifiutata di cederne uno ad un concorrente che l’aveva rotto. Certe cose non sono nello spirito della Marcialonga o di quella solidarietà che il pubblico deve avere nei confronti di tutti i concorrenti di una gara così lunga e faticosa.
Ma è anche lo spirito della Marcialonga che è cambiato, come ha scritto, sempre su L’Adige, Mario Felicetti, che questa gara l’ha vissuta dall’inizio. Avendo partecipato alle prime 5 edizioni, all’ottava e alla ventottesima, come giornalista ma anche come concorrente, non posso che condividere. L’atmosfera è proprio cambiata, e così pure i personaggi, di tutt’altro spessore. L'avv. Giulio Giovannini presidente, Roberto Moggio segretario, capoufficio stampa Giacomo Santini, ora europarlamentare, con i giornalisti che superavano il centinaio e almeno una quarantina alla vigilia si ritrovavano, con gli sci ai piedi,  al centro fondo Alochet per una loro gara. Che spazio trova adesso la Marcialonga sui media e quanti ne sono rimasti? E per vederli con gli sci bisogna andare alla Millegrobbe …..

FIEMME E FASSA - Abbiamo fatto un sogno. L´atmosfera era straordinariamente intensa, le abitazioni con le luci accese fin dalle primissime ore del mattino, quando la notte avvolgeva ancora gli abitati di Fiemme e Fassa e soltanto i pullman percorrevano la statale 48 delle Dolomiti alla ricerca di sciatori che, un tantino smarriti ed in trepida attesa, attendevano nelle piazze il momento di portarsi alla partenza di Moena. «Una cavalcata di uomini contro il logorio della vita moderna» recitava un lungo striscione, nel centro di Predazzo, proponendo un messaggio che, per molti anni, sarebbe diventato lo slogan principe della Marcialonga.

Eravamo nel 1971 e le valli scoprivano una manifestazione destinata ad entrare negli annali della storia sportiva ed a cambiare il costume italiano. Una scoperta. Il segno di un modo diverso di affrontare lo sport, non più da spettatori, ma da protagonisti. Sullo sfondo, personaggi che hanno fatto epoca: Roberto Moggio, Giulio Giovannini, Nele Zorzi, Mario Cristofolini. E ancora Giorgio Grigolli, primo presidente, Giulio Vanzetta, il pignolo che si dimenticava delle cose più semplici (soprattutto delle sigarette), ma che aveva un immenso cuore sportivo, Tino Morandini, un mix di simpatia, di entusiasmo e di rigore organizzativo, e tanti altri.
Erano i tempi del primo percorso, con la pista che entrava a Predazzo nell´alveo del torrente Travignolo, e l´attesa della salita di Predaia, verso Castello, dove la gara solitamente proponeva il suo momento decisivo. Nelle giornate della vigilia, il momento dell’accoglienza, dell’ospitalità, del folklore. Le sfilate lungo i paesi, le serate in teatro, i saluti ufficiali alle delegazioni straniere, le salsicce attorno al collo di don Martino Delugan (quanto ci manca!), le campane a festa, nel momento in cui i primi concorrenti attraversavano i paesi, il caffè offerto ai marcialonghisti da persone qualsiasi, le amicizie nate dall´Operazione Arcobaleno, le barzellette di Arrigo Delladio, le cavalcate notturne di Elio Pontalti e della squadra dei «Poèri», il volto felice di Marcello Goss dopo le prime Minimarcelonghe, la spontaneità di incontri privi di retorica ed impregnati di passione vera.

Il risveglio, ieri mattina, è stato brusco, lungo la retta di Moena, quando ci siamo trovati nel trambusto di una Marcialonga diversa, in un mare di cartelloni pubblicitari, con gli elicotteri a svolazzare sopra le teste per garantire la ripresa delle immagini della gara e l´attenzione concentrata soprattutto sul fatto tecnico. La Marcialonga era Coppa del Mondo ed era quindi indispensabile che l´attenzione dei media fosse concentrata soprattutto sul primo gruppo. Una marea di 4.000 partenti e poi la recita, quest´anno, più che in passato, divisa in due: in primo piano i campioni, poi, a debita distanza, i marcialonghisti.
Una mattinata spazzata dal vento gelido delle prime ore, che probabilmente ha tenuto lontano il grande pubblico, almeno nella parte iniziale. Poi, con il passare delle ore, le cose sono sensibilmente cambiate, anche perché la temperatura si è alzata e quindi è tornata la voglia di portarsi a bordo pista, specialmente nei pressi dei punti di ristoro. Tra gli spettatori, un personaggio che da sempre segue passo passo la gran fondo, Nicolino Felicetti «Tina» di Predazzo. Anche ieri c´era dappertutto.
«Lo faccio per passione. Mi piace seguire questa gara, così come le altre gran fondo internazionali, Domenica prossima sarò in Francia, con un gruppo di amici. Certo, non è più il clima di una volta, ma anche la Marcialonga, come tutti noi, risente degli acciacchi del tempo e dell’età». Tra i volontari, i «Nuvola», gli alpini doc, che per giorni sono stati impegnati nel servizio di rifornimento dei vari ristori. Lungo il percorso, un gruppo di atleti con sulle tute il marchio «Bambi», l´associazione che vuole ricordare il grosso problema delle malattie che colpiscono i bambini. La portavoce principale è Cristina Paluselli, settima all´arrivo, ma che, anche in questo modo, ha vinto la sua Marcialonga più importante, impregnata di solidarietà.

I «bisonti» arrancano, assistiti dai volontari dei punti di ristoro, pronti a distribuire bicchieri di tè, arance, prugne, panini, ma anche una parola di incoraggiamento. A Lago di Tesero, un marcialonghista si ristora con un bicchierino di...grappa, mentre una concorrente tedesca cerca un boccale di birra. Anche gli ultimi che transitano nel fondovalle di Fiemme, al di là della fatica, hanno un volto sereno, disteso, che richiama il senso vero della gran fondo più popolare d´Italia.

La Marcialonga è questa. Se qualche cosa, nel contorno, è venuto a mancare (l´errore di non fare la cerimonia di apertura, senza cercare ridicole attenuanti, non deve più ripetersi), è indispensabile almeno mantenerne lo spirito. Nella consapevolezza che la gran fondo è un valore, non soltanto economico, ma anche umano, e che alla fine i conti non devono avere esclusivamente il sapore dell’euro.

 Giorgio Brusadelli         
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