I test con gli skiroll sul nuovo nastro trasportatore di Sondalo

Un’apparecchiatura che, per i fondisti, ha sostituito il precedente “treadmill” sul quale si marciava o correva. Il grosso vantaggio è che, con l’uso dei bastoncini, consente un gesto tecnico più simile a quello che viene effettuato sulla neve sia a passo alternato che a skating

 C’è voluto del tempo, ma per i fondisti i test con gli skiroll sul nastro trasportatore (treadmill) sono divenuti realtà come dimostra Gabriella Paruzzi in questa foto.  Al Centro di medicina sportiva dell’ospedale di Sondalo (SO) subito dopo ferragosto saranno di scena gli atleti della squadra di Coppa del Mondo maschile, che dovranno verificare, sulla base del precedente test, i risultati della preparazione di questi primi di mesi, seguiti il giorno successivo dalle nazionali juniores maschile e femminile impegnati tutti su un nastro trasportatore che costituisce una novità assoluta per l’Italia almeno per quanto riguarda questo tipo di utilizzazione. E’ stato infatti studiato e realizzato appositamente per i fondisti che necessitano di un’apparecchiatura che li metta in condizione di effettuare il test nelle condizioni di gara e con un gesto tecnico il più possibile identico a quello della loro disciplina.  Quindi la disponibilità di uno spazio maggiore di quanto richiesto  dalla corsa o dalla marcia veloce con cui ci si muove abitualmente sui normali “tappeti rotanti” che, con i cicloergometri, si possono trovare nelle divisioni di cardiologia degli ospedali o nei centri di medicina sportiva.  Rispetto a questi, però, il nastro trasportatore di Sondalo è stato triplicato in larghezza e più che raddoppiato in lunghezza: ha infatti le dimensioni di m. 4x5,5 in modo di consentire l’impiego degli skiroll non solo in tecnica classica ma anche a skating.

Una “macchina” alla cui realizzazione hanno contribuito in tanti, con una grossa difficoltà iniziale da superare: quella di reperire i fondi che, nella situazione della sanità italiana, non rientravano certo nelle priorità e nelle possibilità dell’ospedale di Sondalo che attraversa anch’esso un momento difficile, viste le vicissitudini organizzative ed economiche con cui è costretto a fare i conti. Un costo commerciale, sul mercato estero, di almeno 150 mila euro, mentre qui si è riusciti a cavarsela con poco più di 20 mila. Fortunatamente al contributo dell’Azienda ospedaliera si è aggiunto quello, determinante, della Fondazione Banca Intesa.

La molla di questa iniziativa è stata innanzitutto la passione unita allo spirito di ricerca che caratterizza l’equipe che ne sta alla base. A muovere le acque è stato il dott. Giulio Rossi, originario di Lecco, specialista in medicina sportiva e pneumologia, responsabile del Centro di medicina sportiva, e pure responsabile medico delle squadre nazionali di pattinaggio velocità (short track e pista lunga). Per quanto riguarda gli aspetti biomeccanici e i test da campo,che sono di fondamentae importanza, si muove in stretta collaborazione con il LAP, il Laboratorio Alte Prestazioni di Santa Caterina Valfurva dove si trovano Chicco Cotelli, Benito Moriconi e Arrigo Canalini.

Ognuno di loro ci ha messo del suo quanto ad inventiva e progettualità. Una realizzazione artigianale. E’ stato ordinato il materiale, i listelli che compongono il nastro trasportatore sono arrivati dalla Germania e  ad assemblare l’apparecchiatura ha provveduto l’Elettromeccanica T2 di Sondalo grazie al suo titolare, che con genialità ha affrontato una problematica per lui non certo nuova ma da adattare a specifiche esigenze. Ha provveduto all’assemblaggio e all’interfaccia meccanica, quel motore che permette al nastro di muoversi su un a pendenza fino al 30% e ad una velocità che può raggiungere i 30 km/h”.

In che consistono e come vengono effettuati questi test?
Sono analoghi a ciò che si fa all’estero. Per quanto ci riguarda vengono effettuati sulla base del protocollo di Yvaskula modificato dal prof. Mognoni del settore Ricerche Avanzate del CNR di Milano. Logicamente da adattare adesso al nuovo “treadmill”, in quanto il nastro trasportatore precedente era differenziato nella progressione del carico per maschi e femmine. Per i primi il nastro si muoveva ad una velocità da 7,5 a 8 km/h, per le seconde da 7 a 7,5, con avvio in piano e pendenze che aumentavano di 2 gradi ogni 3 minuti, in modo che ad ogni stadio, in corrispondenza del quale viene effettuato un prelievo capillare per la determinazione della cinetica del lattato, ne segua uno più intenso per carico di lavoro.

Cosa è cambiato con il nuovo nastro trasportatore?
L’attuale protocollo prevede anch’esso stadi di 3 minuti per permettere la stabilità dei parametri cardiorespiratorio e del lattato, e una velocità di 10 km/h a passo alternato per i maschi, con la pendenza che aumenta di 1 grado ogni 3 minuti. Si parte dopo un riscaldamento di un  quarto d’ora, e il test procede sino all’esaurimento dell’atleta. Ha dunque una durata che può variare fra 23 e 27 minuti; ogni 3 minuti si procede al prelievo del sangue per la misurazione del lattato e contemporaneamente alla registrazione cardiaca. Per i primi due stadi si consente il passo spinta, poi si procede con il passo alternato. Il prelievo deve avvenire nell’arco di 10 secondi, con l’atleta che continua il suo passo appoggiando la mano su una sbarra per consentire all’infermiera di effettuare la puntura di un dito e raccogliere il minimo di sangue necessario alla misurazione del lattato.

Come funziona il meccanismo?
– Si parte con un’andatura veloce, con l'uso di bastoncini appropriati, con un puntale che fa presa senza danneggiare il fondo di gomma, e si aumenta la pendenza finché l'atleta è in grado di reggere lo sforzo che viene misurato dagli strumenti cui è collegato: lo pneumotacografo, il boccaglio attraverso il quale respira e che raccoglie i flussi dell'espirazione, l’analizzatore dei gas, e le apparecchiature che registrano la progressione della frequenza cardiaca e dei parametri ventilatori, evidenziabili in un grafico dal quale si evince il lavoro aerobico, il raggiungimento della soglia anaerobica ventilatoria e il lavoro anaerobico lattacido. In pratica vengono tenuti sotto controllo e misurati la frequenza cardiaca, il consumo di ossigeno globale, la ventilazione polmonare e la produzione di anidride carbonica (nella foto il nazionale junior Alan Martinelli) .
Alla fine del test si analizzano le determinazioni di acido lattico, costruendone la curva di accumulo. La soglia anaerobica metabolica è fissata convenzionalmente a 4 millimoli, consapevoli che tale misurazione va comunque individualizzata, per cui è importante conoscere gli atleti. Ed è proprio per questo che le squadre nazionali effettuano questi test da una ventina d'anni a Sondalo, a seguito di una convenzione stipulata con la FISI. Al centro di Sondalo fanno riferimento anche i Comitati delle Alpi Centrali e del Friuli, oltre che società sportive convenzionate e atleti privati che vogliono essere seguiti  durante la loro preparazione.

A cosa sono finalizzati questi test?
– Obiettivo di questi test a inizio stagione è controllare che il consumo di ossigeno massimo (VO2 max), esprima valori buoni per le discipline di resistenza. Con l'allenamento mirato sui risultati del test di laboratorio, bisogna cercare di incrementare lo stesso VO2max, la frequenza ed il consumo di ossigeno  di soglia anaerobica, per ritardare il più possibile l'innesco del meccanismo lattacido, con evidenti vantaggi nelle prove di lunga durata. In parole povere, il medico controlla lo stato fisiologico degli atleti e dà agli allenatori indicazioni  che li mettono in condizione di programmare la preparazione e di intervenire con le opportune correzioni nei settori dove si registrano carenze o potenzialità di ulteriori miglioramenti. Di qui l'importanza del rapporto con gli allenatori e preparatori, che è sempre stato ottimo.

  Se per il passo alternato non ci sono state particolari difficoltà, sono invece tuttora in fase di valutazione  i test effettuati a skating; l’evoluzione successiva sarà il confronto con i test sul campo. Per comodità logistica, in quanto si trova a pochi chilometri di distanza, in Valdidentro, ci si appoggia alla nuova pista “Viola” sia di skiroll e che di sci. Per lo skating si trattava anche di trovare lo skiroll più indicato per questo tipo di nastro rivestito di gomma: ci sta pensando Benito Moriconi con Carlo Crestani, che già fornisce i suoi skiskett alle squadre nazionali di fondo. Ruote con una particolare mescola di poliuretano.  Usando come “cavia” Alan Martinelli, nazionale junior, si è in pratica adattato il modello Fly alla nuova bisogna.

Quali sono le prime valutazioni emerse?
Innanzitutto visive, e cioè considerazioni biomeccaniche sul gesto tecnico. Rilievi di carattere tecnico nel gesto, nell’appoggio del piede. Si possono studiare da vicino difetti di postura, studiando il modo di apportare le eventuali correzioni. Poi il riscontro che, rispetto al test precedente di corsa o marcia veloce, è aumentata la frequenza di soglia, che si avvicina a quella di gara. La produzione di acido lattico è simile a quella del test classico, e così pure la ventilazione. Gli atleti, poi, lo effettuano in modo molto naturale, con uno spirito del tutto diverso, divertendosi addirittura. C’è un maggior coinvolgimento da parte loro. Si scoprono caratteristiche individuali che prima semplicemente si intuivano sulla base dei risultati in gara e che, sotto un certo verso, sono sorprendenti. Per esempio, dal massimo consumo di ossigeno, che Zorzi più che sprinter puro, la specialità che lo ha messo finora maggiormente in evidenza, è “tagliato” per le lunghe distanze. Come del resto aveva fatto capire con il sesto posto nella 50 km di Holmenkollen ma anche  in diverse 30 km. Si può poi vedere che, con un’applicazione specifica, potrebbe migliorare tantissimo anche nella tecnica classica, che finora ha costituito un suo limite.  E tutto questo in pochi minuti, nel chiuso di una stanza.

Altre applicazioni possibili?
I tecnici del LAP hanno condotto ricerche di carattere biomeccanico.  Con alcuni atleti è stato avviato uno studio con solette percorse da trasduttori elettromeccanici e bastoncini strumentati per misurare la forza di appoggio degli arti inferiori e superiori. I dati vengono trasmessi per telemetria. Poiché i fili costituirebbero un intralcio, sempre la telemetria viene usata anche per l’elettrocardiografo, in modo di seguire in tempo reale la traccia. Come si vede, di carne al fuoco ce n’è parecchia. E’ solo questione di trovare il tempo e la collaborazione necessari.

               Giorgio Brusadelli
               www.fondoitalia.it